Solosiberia, la Siberia e le genti della Siberia
Cosa fare in viaggio? Come fare in viaggio?
Approccio, giudizi e relazioni
Un modo di viaggiare
Solosiberia su Twitter: #solosiberia_it
Sono appena tornato dal mio undicesimo viaggio in Siberia (luglio
2012), che è stata anche la mia tredicesima volta in Russia. Per ora ho percorso poco più di
Questo testo non ha alcuna
intenzione polemica nei confronti di nessuno né vuole essere esaustivo né
pretende di delineare un modello scientifico con cui confrontarsi per viaggiare
nelle regioni di cui si interessa questo sito. Le mie parole che seguono
vogliono essere un motivo di confronto, di critica, di chiarimento rispetto a
tante sfaccettature che emergono dagli scambi di esperienze con le persone che
viaggiano in Siberia e che prima, durante o dopo si rapportano con me per
questioni riguardanti il loro viaggio.
Ho voluto fare una sintesi di un
insieme di attitudini, comportamenti e mentalità con cui chi scrive affronta e
vive i viaggi in Siberia. Scrivo dunque queste righe per mettere in chiaro le
modalità di viaggio relazionali, emotive e intrinseche di solosiberia.
Viaggiando in Siberia ho imparato che si entra in contatto e che bisogna
considerare vari aspetti, tutti a diverso titolo attinenti all’esperienza di
viaggio e che interessano le nostre percezioni e i nostri sentimenti, nonché la
crescita interiore ed umana di ogni persona.
In particolare bisogna considerare:
1) l’ambiente naturale in cui ci si trova;
2) le nazionalità che si incontrano e la
nazionalità russa in particolare;
3) la storia dei territori attraversati;
5) il proprio carattere e le attitudini
socio-politiche;
6) la disponibilità a decolonizzare il proprio
immaginario e aprirsi ad altri valori e tradizioni;
Può essere fondamentale. Se si viaggia solo lungo le linee ferroviarie
o lungo le strade federali e si toccano le principali città, non ha grande
importanza, ma se ci si sposta dall’agglomerato urbano e dalle grandi
direttrici del traffico, per visitare luoghi più lontani, è essenziale
conoscere le caratteristiche dell’ambiente cui si va incontro. Errori
nell’abbigliamento, nell’attrezzatura/accessori/conoscenza del territorio da
affrontare, possono rovinare del tutto l’esperienza di viaggio oppure, in casi
peggiori, costare caro in termini fisici/monetari.
Iniziamo a
distinguere tra inverno ed estate. Per la prima esperienza invernale oltre gli
Urali bisogna tenere conto che i mesi più freddi e caratteristici vanno dalla
seconda metà di dicembre ai primi di marzo. I grandi fiumi ghiacciano generalmente
verso fine novembre (se teniamo conto delle regioni della zona meridionale
lungo
Alle solite domande “Fa freddo in Siberia d’inverno?” “Quanti
gradi sotto?” dico subito che è impossibile rispondere. Bisogna specificare
bene dove e quando, La Siberia è immensa e la temperatura di gennaio a Tomtor è
grandemente differente rispetto a quella di fine novembre a Tomsk. Inutile fare
un grafico delle temperature, basta chiedere di volta in volta in base al posto
in cui ci si reca. Abbigliamento: un piumino in genere va bene, la sciarpa in
Russia quasi non si usa, almeno nelle città, quindi valutate voi. Cappelli,
calze, guanti e scarpe consiglio di prenderli sul posto per l’affidabilità dei
materiali e i costi irrisori rispetto all’Europa (non perché in Russia tutto
costa poco, ma perché le cose calde invernali per coprirsi per loro sono
indumenti normali mentre da noi sono abbigliamento tecnico o speciale e costa
parecchio). Calzamaglia per temperature da -5° in giù. Se si sta in città degli
stivaletti nostrani di cuoio ben fatti e doppie calze possono bastare. Per
temperature sotto i -25° invece comprerei qualcosa in loco appena arrivato.
Attenzione, perché non essere coperti adeguatamente può portare ad odiare
l’esperienza che si sta facendo fino a non farne apprezzare nulla. Il vento è
un nemico da non sottovalutare per nulla, abbassa la sensazione di freddo
percepito di parecchi gradi. Foto e riprese sono molto difficili, le batterie
dai -20° in giù si scaricano entro qualche decina di secondi. Non esiste una
regola unicamente valida se non quella di tenere sotto giacca e magari anche
maglione la macchina fotografica. Ricaricare le batterie non è sempre possibile
(vedi mio viaggio febbraio 2011 nella foresta) quindi questo va tenuto presente
per non sprecare energia inutilmente (display lcd spento se possibile!). Si è
rivelato utile cucire un apposito cappottino (che copre sempre la macchina
fot./videocamera, da non togliere durante gli scatti) per le apparecchiature
video/fotografiche, se usate le maniche di qualche vecchio accappatoio di buon
spessore viene bene.
Camminando per
strada bisogna dare un occhio a neve e ghiaccio che possono cadere dai tetti
(spesso è segnalato con cartelli sui muri, in russo) e anche uccidere, visto
che certi ghiaccioli possono pesare decine di chili. Prepararsi a sbalzi di
decine di gradi quando si entra nelle case, nei vagoni o in generale nei luoghi
chiusi, in cui il termometro viaggia a una media di +25°/+30° e si sta in
maglietta. Bere un goccio contro il freddo serve solo a dare una fiammata
all’esofago momentanea e a rovinare le arterie. Non scrivo nulla per la vita in
luoghi isolati e solitari, nella natura d’inverno, perché chi ci capiterà sarà
con persone del posto esperte oppure sarà uno già rodato che non ha bisogno di
consigli. Ecco l’unico consiglio è questo: non avventuratevi nel nulla senza la
giusta compagnia, esperta e prudente.
L’estate in Siberia
è calda. Sempre tenendo presente per questa affermazione la lingua di territori
che si snoda lungo
Nelle zone più
remote, prive di insediamenti, l’acqua dei fiumi è generalmente potabile senza
nemmeno farla bollire né filtrarla, ma non fidatevi ciecamente delle mie parole
e pensate con la vostra testa se toccherà a voi bere da un fiume. Già che siamo
in tema parliamo delle paludi: la cosa più importante da chiedere a chi vi
guida (nessuno andrebbe da solo senza gente che conosce il luogo) è di
segnalare la presenza di sabbie mobili. Ci vuole poco a sprofondare senza
riuscire a risalire, magari sotto il peso di uno zaino sulle spalle. Uno dei
libri dell’archivio di solosiberia ha un intero capitolo dedicato alle
condizioni di attraversamento delle paludi.
Altro pericolo estivo da considerare con sempre più attualità è
quello degli incendi, quasi sempre causati dall’uomo. Nell’estate 2012 il fumo
che investiva la Siberia centrale ha causato lo smistamento di centinaia di
voli su altri aeroporti della zona. A Tomsk ai primi di luglio 2012 la nebbia
caliginosa era così fitta da non permettere una visibilità oltre i
Veniamo alla preoccupazione principe
di chi si avventura in Siberia, soprattutto le prime volte: le zecche. Chi
visita le città, i loro dintorni, viaggia in auto, treno, autobus e al massimo
compie una gita di qualche ora nella foresta, NON ha motivo di preoccuparsi (a
meno che faccia una scampagnata tra aprile e giugno, mesi di attività frenetica
delle zecche). Tra le specie di zecche si trovano quelle che danno l’encefalite
e conseguente paralisi o morte. Nel 2012 ho viaggiato via fiume e a piedi nel
pieno della foresta vergine e ho pensato bene a come prepararmi. Innanzitutto i
vestiti: esistono tute per la foresta apposite, costano cifre assurde, si
trovano a Mosca o nelle grandi città. Comunque, con vestiti apposta o meno,
bisogna andare nella foresta con il corpo coperto, vestiti lunghi dunque, come
per proteggersi dalle zanzare, esistono anche repellenti appositi per le
zecche. Cappuccio, rete su volto, testa e collo, calzature spesse e alte sulla
caviglia, guanti. Ogni giorno controllare bene il corpo, soprattutto testa,
collo, ascelle, spazi dietro le orecchie. Controllare sacco a pelo e tenda. La
mia unica precauzione prima di partire è stata rasarmi il cranio a zero. Il
vaccino è procurabile in Russia ma è termolabile e può stare solo qualche ora
fuori da un frigo, quindi per portarlo qui è a rischio durante il viaggio o lo si
porta in una borsa frigo (in Italia non c’è - o le persone a cui ho chiesto mi
hanno risposto ingannandomi!). Comunque va inoculato 45 giorni prima
dell’ipotetica esposizione, continuando poi con altri richiami. Non ho per
questi motivi utilizzato alcun vaccino, ma con noi avevamo delle pastiglie di
“iodoantipirin” che vanno prese come profilassi in caso di puntura, secondo uno
schema prestabilito. In due settimane nella foresta, anche tra erbe alte più di
due metri, non sono mai entrato in contatto con nessuna zecca. In caso di
puntura bisogna è importante cercare di estrarre la testa della zecca per
presentarla al punto medico più vicino, poiché le specie si individuano dalla
testa (per queste procedure nell’archivio di solosiberia esiste della documentazione
in alcune guide sulle regioni più a rischio). Se ci trova a 300 km dal primo
ambulatorio e si è a piedi nella foresta, non ci sono strade, come sarei
comunque potuto arrivare a far vedere la testa a un medico? Rispondere a queste
domande fa la differenza tra la vita e la morte.
Non mi piace il modo di viaggiare di chi mi manda messaggi tipo
”domani parto per
2) Le
nazionalità che si incontrano e la nazionalità russa in particolare
Viaggiare in Siberia significa proiettarsi in un caleidoscopio di
etnie e nazionalità diverse, soprattutto se si viaggia in luoghi sempre più
remoti, dove più facilmente sopravvive la cultura e l’identità dei
rappresentanti odierni delle popolazioni indigene. Da nord a sud, da est a
ovest, il territorio asiatico russo è popolato da molte anime differenti, di
cui bisogna tenere conto per viaggiare in maniera consapevole.
I russi sono quasi
ovunque la maggioranza della popolazione. Sono i discendenti dei coloni, dei
deportati di varie epoche, dei primi esploratori cosacchi, della popolazione
russa moderna che si sposta all’interno del paese in cerca di lavoro o di nuove
opportunità. Non esistono grosse differenze tra un russo europeo ed uno che
vive nell’estremo oriente russo: non ci sono dialetti locali marcati, come da
noi, non ci sono usanze differenti né tradizioni diverse. La popolazione russa
è molto omogenea in tutto il paese, secondo la mia opinione. Emergono tuttavia
delle discontinuità rispetto al russo medio di Mosca e delle altre grandi città
della parte europea: sono legate alla mentalità e alle condizioni
socio-politiche della regione in cui ci si trova. Per quanto riguarda la
mentalità, si può affermare che nella parte asiatica è molto più presente un
modo di pensare appunto più “orientale”, distinto rispetto alla forma mentis
che si sta impossessando del russo occidentale (soprattutto di quello urbano).
Si respira in Siberia una vicinanza con i grandi paesi dell’Asia: a Krasnoyarsk
a capodanno
Siamo qui più lontani dalla mentalità progressista, dalla vita
iper-attiva, dai valori materiali e dalla frenesia esistenziale dell’occidente.
Non bisogna dimenticare che tutte queste considerazioni devono essere calibrate
in maniera diversa anche in Siberia tenendo conto delle differenze tra città e
campagna. Il cittadino delle grandi città siberiane ha comunque un’impronta
diversa da quello che vive in provincia e ancora di più da chi vive/sopravvive
nelle località sperdute (individuabili grosso modo con quei posti che si
trovano da qualche centinaia fino a
migliaia di km dalla ferrovia). Questa considerazione in Russia va
tenuta ben presente: la diversità tra città e campagna. Ovunque. Chi vive a
Mosca è diverso da chi vive nella campagna della Russia centrale come chi vive
a Novosibirsk è diverso da chi abita nei piccoli centri delle regioni
limitrofe. Naturalmente va sottolineato che il cittadino moscovita ha comunque
dei profili di diversità dal cittadino di Novosibirsk, come tra loro sono
diversi in qualche maniera i rappresentanti della campagna russa europea e
della campagna siberiana. Abbiamo quindi un doppio livello di disuguaglianze da
tener presente: Russia europea/Russia asiatica e città/campagna...senza
dimenticare che, soprattutto in Siberia e nell’estremo oriente russo, esiste
anche la terza dimensione, quella delle “comunità sperdute” che vivono lontano
da tutto.
Le diversità di cui
parliamo rientrano comunque in una sfera limitata, come ho scritto sopra,
perché non bisogna dimenticarsi, come ho già evidenziato, che i russi che
vivono nella parte europea sono comunque assimilabili culturalmente ai russi
che vivono dalla parte opposta del paese (per lingua, religione, cultura,
identità nazionale, valori principali). Tra le caratteristiche riscontrabili
ovunque in Siberia e nell’estremo oriente russo c’è
l’avversione/odio/conflittualità tra la gente del posto e Mosca. La capitale è
individuata come il centro di ogni misfatto e la fonte di ogni problema per la
dimensione locale delle regioni più lontane. “Le nostre ricchezze, i nostri
soldi servono per nutrire Mosca e indietro non ci danno che le briciole”:
questa è una delle frasi più gettonate. Si può arrivare fino al desiderio
estremo di vedere distrutta Mosca per mano di qualche organizzazione
terroristica oppure si favoleggia di una prossima disgregazione della Russia,
con tutte le terre oltre gli Urali viste come facile preda della Cina.
L’indipendenza di questi territori viene rarissimamente prospettata, come se
potessero essere solo spartiti tra Cina o Russia. Nei miei viaggi ho visto, una
volta sola per ora, adesivi di un partito politico su cui era stampato “la Siberia
non è una colonia – basta depredare!” e il relativo sito internet
dell’organizzazione che propaganda queste idee.
Veniamo alla etnie
vere e proprie, distinte dai russi. Si può scrivere un elenco corposo di queste
popolazioni indigene della Siberia o dell’Asia centrale e poi trasferitesi in
queste terre nel corso dei secoli e comunque prima dei russi. Ecco una lista
non esaustiva: Kamassi, Nentsi, Nganasani, Selkupi (gruppo dei Samoyedi);
Khanti, Mansi (gruppo finnico); Eveni, Evenki (gruppo tunguso); Yakuti,
Tuvintsi (gruppo turco); Buryati (gruppo mongolo), Nivkhi, Koryaki, Chukchi,
Yukagiri, Kamchadali (popoli paleosiberiani); altre popolazioni: Keti, Komi,
Orochi, Nanajtsi. Alcune di queste popolazioni sono composte solo da qualche
migliaio di persone e sopravvivono ai margini dell’”impero russo”, senza
ricevere adeguata attenzione da parte dello stato. Altri gruppi sono più
numerosi e sono riusciti a conquistarsi più spazio e potere all’interno delle
regioni e repubbliche che compongono la federazione russa (Yakuti e Buryati ad
es., che sono in numero nettamente superiore alle altre piccole etnie e che
parlano la propria lingua oltre al russo all’interno dei territori da loro
abitati – a Yakutsk si può dire che la prima lingua è lo yakuto). Nell’archivio di solosiberia sono
conservati vari volumi che trattano delle etnie presenti in Siberia,
affrontando l’argomento sotto vari punti di vista, da quello filologico a
quello socio-politico ed economico. Viaggiare nei territori dove si registra la
presenza di queste minoranze è interessante, perché si ha la possibilità di
entrare in contatto (se ci si prepara bene prima della partenza e si studia
come entrare in reale contatto con questi gruppi) con gli ultimi rappresentanti
di culture in estinzione. La modernizzazione del paese, la povertà (non
intrinseca, ma dipendente dalle razzie del potere centrale) delle aree in cui
di solito sono insediati, la costruzione di opere e vie di comunicazione che
stravolgono l’ambiente naturale in cui da sempre queste persone vivono,
l’alcool, la sedentarietà forzata che durante alcuni anni dell’URSS veniva loro
imposta, sono solo alcuni dei problemi che ostacolano la vita di queste etnie.
La sopravvivenza delle lingue locali è una delle battaglie che vengono portate
avanti per conservare la cultura e le tradizioni. L’isolamento, ormai non più
garantito dalle barriere naturali (catene montuose, foreste, ecc.), porta
sempre più al contatto con i russi e con la moderna società, che contamina la
purezza dei valori, delle abitudini e stili di vita di queste genti. Entrare in
contatto con loro in maniera genuina significa ad esempio evitare intermediari
come agenzie turistiche non locali che sfruttano il richiamo del tour
“etnografico” per mostrare per qualche ora ai “turisti” come vivono questi o
quei popoli, chiedendo parecchi soldi che resteranno, per la maggior parte,
nelle tasche degli organizzatori. Bisogna sforzarsi il più possibile di trovare
contatti “locali” (associazioni, gruppi spontanei che fanno capo direttamente
alla popolazione in questione) per poter addentrarsi davvero nella vita di
questa gente, assicurandosi anche che quanto richiesto per il
contatto-tour-ecc. resti in loco.
Collegare i territori visitati alla
presenza di questa o quella etnia serve per capire la storia di quel luogo, la
sua essenza, la sua “anima”, la sua cultura. Le modalità di viaggio nei vari
territori sono influenzate inevitabilmente dall’approccio con le diverse etnie,
in ogni campo dell’esperienza umana: dal cibo all’atteggiamento con cui ci si
relaziona, dalla lingua alle usanze da rispettare. Teniamone conto.
3) La storia
dei territori attraversati
Dopo questo accenno etnografico, passiamo ad un argomento strettamente
correlato al binomio popolazioni/territori. Non è possibile “vivere” un
territorio, una regione e visitarli senza conoscerne, a vari livelli, la
storia. Per un primo viaggio va bene una generale e non approfondita conoscenza
degli avvenimenti principali svoltisi nei secoli in una certa area, ma, se si
decide di viaggiare ancora e, a maggior ragione, di farlo in zone circoscritte,
è indispensabile un approfondito studio della storia locale e dei suoi
collegamenti con la situazione e l’evoluzione storica delle macroregioni
limitrofe. Ovviamente tutto ciò richiede tempo e impegno “intellettuale” e si
tratta di un compito da iniziare molto prima della partenza. Evidentemente un
simile sforzo esclude a priori la possibilità del viaggiare “usa e getta”, che
si collega a quel tipo di “viaggiatore” di cui ho già parlato, quello che
diviene tale qualche ora prima della partenza e smette di esserlo al ritorno
(chi si prepara mentalmente e materialmente poco prima e quando torna si
rituffa subito nella solita vita e ciò che è capitato in viaggio lo lascia nel
dimenticatoio).
Concretizziamo queste parole con l’esempio classico
dell’esperienza tipica del viaggiatore in Siberia alla prima volta: viaggio
lungo
Altro esempio
eclatante a cui tengo particolarmente: la Kolyma, la strada delle ossa e la regione di Magadan. Purtroppo devo
dire che la quasi totalità delle persone che ci vanno non conoscono né hanno
pensato di approfondire la conoscenza della storia di queste terre, dimostrando
pochezza d’animo e assoluta mancanza di rispetto. Non è possibile transitare
sulla strada Yakutsk-Magadan senza sapere chi, come e quando ne iniziò la
costruzione, quale fosse il tragitto originario (che non è quello attuale che passa
per Ust-Nera) e quale fosse lo scopo di questa via di comunicazione. Tra una parte dei
viaggiatori indipendenti, ci sono quelli indissolubilmente legati al viaggio
“on the road” (auto, ma soprattutto moto, a piedi, in bici, ecc.) che
percorrono migliaia e migliaia di km lungo le strade del mondo. La mia prima
critica è generale: essendo legati alla strada, possono fare esperienza di un
numero limitato di luoghi in tutto il mondo, poiché tanti altri non sono
raggiungibili via terra attraverso una strada o pista più o meno decente e
dunque sono esclusi a priori dalle loro mete. Quindi vedo come una limitazione
il focalizzarsi per forza sull’uso di un mezzo per viaggiare, ma questa è una
mia opinione personale e non me ne vogliano tutti i miei amici motociclisti,
che sicuramente hanno una filosofia di viaggio e di vita interessante e hanno
molto da dire. La mia seconda critica riguarda una dimensione intrinseca insita
a volte in questi viaggi “on the road”: sembra che la cosa più importante sia
andare dal punto A al punto B e quanti km si riescono a fare in un dato tempo.
E tutto il resto? E i luoghi attraversati? E la gente, non quella incontrata
nei punti di ristoro per strada, ma la popolazione locale, la sua cultura? Ci
si passa sopra o accanto, come a qualcosa che sta sulla strada. Quindi niente
approfondimento culturale, storico,ecc.
In casi come quello della “strada
delle ossa” Yakutsk-Magadan non conoscere la storia dei luoghi e non fermarsi a
riflettere adeguatamente su ciò che è stato e su chi ci è passato, per me è
semplicemente immorale. Percorrere i km da Yakutsk a Magadan senza porsi
domande se non quelle inerenti ai punti di rifornimento, alle condizioni della
strada e ai luoghi di sosta, mi trova decisamente contrario. Esempio: andiamo
allora tutti a fare un picnic ad Auschwitz, da qualche parte in una baracca
rimasta, nel cortile magari ci sarà un po’ d’erba, altrimenti un posticino
all’ombra penso che lo si trova, stendiamo un telo e iniziamo a gozzovogliare.
Mentre beviamo e mangiamo vediamo un
binario che entra nel cortile attraverso una porta, e il cortile è tutto recintato,
chissà perché, magari questa era una caserma per addestrare soldati una volta,
ma stappiamo una birra e continuiamo il picnic. Ecco, questo chi lo farebbe?
Diremmo che va bene andare ad Auschwitz e comportarsi così, perché “non lo
sapevamo”? No, è un’ignoranza che non si può giustificare, vero? E allora lo
stesso deve valere per la Kolyma e per quanto è in relazione con essa. Quanti
sono passati a Debin, sul ponte sul fiume Kolyma, senza sapere la storia e ciò
che è costato questo ponte??? L’ignoranza su ciò che è avvenuto laggiù, a maggior
ragione per chi vuole andarci, non è scusabile. Personalmente mi spingo fino ad
un’altra considerazione, più mistica, ma che è meglio non sottovalutare. Andare
laggiù senza “avere coscienza” di quei luoghi può essere pericoloso da un punto
di vista “spirituale” e misterioso. Chi passa senza il dovuto raccoglimento,
chi calpesta il suolo senza rispetto per la memoria, chi si ferma magari a
campeggiare su una terra grondante di sangue e sofferenza...può essere colpito
da una maledizione, può cadere vittima del risentimento delle anime cadute in
quei luoghi e venire punito per questa mancanza di rispetto. Non intendo
vaneggiare o parlare di chissà quali fantasie, sto solo esprimendo un mio
timore, una mia supposizione. Non andrei mai laggiù senza la giusta consapevolezza
e senza rispetto, per il timore che un’energia negativa possa vendicarsi,
punendo la mia “ignoranza” ed il mio comportamento immorale. Non sono un
appassionato di fantasmi, magia o altro, ma intendo condividere con i lettori
queste mie considerazioni personali.
Dopo questi esempi (Transiberiana e Kolyma) penso che si capisca meglio cosa intendo, quando affermo
che uno degli aspetti da tener presente per il viaggio sia il conoscere la
storia dei luoghi visitati. Senza un’adeguata consapevolezza degli avvenimenti
storici, ogni luogo perde molto in particolarità ed interesse e non rappresenta
un’occasione di crescita interiore.
Qui non intendo scrivere quasi nulla sulle modalità con cui
relazionarsi con le culture delle etnie diverse dai russi in Siberia, poiché
non ritengo di aver ancora maturato abbastanza esperienze con popoli diversi da
quello russo, per esprimere un valido parere. Ho avuto rapporti più che altro
con buryati, evenki, yakuti. Tutti non vedono di buon occhio Mosca e il potere
dei russi, soprattutto il potere centrale, non tanto i russi che vivono con
loro nei loro territori. Comunque è da tenere conto di questa avversione nei
confronti della “Russia imperialista”. Ricordate anche che per loro la prima
lingua non è il russo o non è solo il russo e che parlare in russo è già per
essi un rinunciare al proprio idioma natio.
Veniamo al piatto
forte: i rapporti con i russi. Premetto che, prima di iniziare a capire
qualcosa di questo argomento e prima di iniziare ad intravedere una logicità,
per quel che attiene ai rapporti con la cultura russa, all’interno delle
esperienze maturate sul campo in Siberia, sono passati circa otto anni di
viaggi. Ora, grazie anche a delle letture interessantissime sull’argomento
(confronto e analisi della cultura occidentale da parte di un russo emigrato),
posso permettermi di dare dei consigli utili. In viaggio in Siberia va
costantemente ricordato che non ci si trova in Europa, non si ha a che fare,
nella maggior parte dei casi, con persone che ragionano come a Parigi, Milano, Londra,
Madrid, ecc. e, soprattutto, va ricordato che bisogna rapportarsi con la
cultura russa e con tutte le sue sfaccettature. Ciò vale sia (in misura minore)
per chi soggiorna nei grandi hotel, viaggia in taxi e mangia nei ristoranti
lussuosi, sia (in misura molto importante) per chi viaggia in modo indipendente
e libero tra autobus di linea, in autostop, in treno, dorme dove si spendono
meno soldi, mangia per strada ai chioschi o nei locali alla buona, nelle mense
e nei punti di ristoro lungo le strade. Alcuni motti che ho coniato e da tenere
sempre presenti:
1) La Russia non è Europa;
2) la Russia asiatica non è Asia né Europa: è Russia (in
generale), ma è Siberia in particolare (incluso l’estremo oriente russo);
3) la Siberia spesso non è Russia (Russia come la intendono a
Mosca, S.Pietroburgo e altre poche grandi città, ma che sono la “vetrina” della
Russia).
Tutto questo va comunque calibrato con quanto detto sopra, circa
la generale omogeneità dei russi in tutto il territorio del paese. Non vi trovate?
Faticate a vedere un senso logico in questo? Pensate che abbia detto tutto e il suo contrario? Bene, benvenuti in Siberia, benvenuti in Russia.
Abituatevi. Lasciate la razionalità fuori da questo paragrafo e leggete i miei
libri
(non per un mio business di vendita, infatti potete
anche leggerli gratis in pdf sul sito, ma per farvi “capire”).
Premessa sociologica personale: sono un pessimo italiano e anzi, credo
che gli italiani non esistano e che il nome Italia individui solo una penisola
al centro del Mediterraneo. L’Italia come nazione secondo la mia opinione non
esiste (o non esiste ancora) ed è solo un insieme di regioni e di varie
popolazioni. Non intendo con queste parole denigrare nessuno, ma solo esprimere
le mie idee. Ho amici sparsi in tutta la penisola, ma li sento amici come altre
persone che conosco in Russia, in Francia, ecc.ecc., non li sento “vicini” in
un’ottica “nazionale”. Il mio substrato anarcoide certamente influenza queste
mie convinzioni, che un po’ si legano al rifiuto di riconoscere legittimità
all’esistenza degli stati, tra cui ovviamente l’Italia. Che c’entra questo con
queste pagine sulla Siberia? C’entra perché nel vivere con i russi, nel
rapportarmi con altre culture, nell’immedesimarmi in altri contesti e
soprattutto nella tendenza ad analizzare rifiutando di giudicare altri
usi-tradizioni-mentalità, emerge questo mio debole legame con quella che può
definirsi “cultura italiana” e nelle righe che seguono il lettore potrebbe
notarlo. Il mio punto di vista è, insomma, poco “italianizzato”. Cerco di
evitare, quando possibile, di dire
“noi”-“loro”, oppure “da noi si fa così…”, “da loro…”, perché non sono, come
detto, fortemente legato ad una presunta cultura italiana da difendere o da
portare come esempio presso altri popoli. Forse non è vero che non sono legato
alla cultura diciamo italiana, ma semplicemente non mi rendo conto di essere
legato ad essa…in ogni caso cercherò di analizzare in modo
“slegato” la cultura del popolo russo. Se qualcosa non vi piace, non vi
convince, criticatemi senza indugio, mi serve per migliorare!
In viaggio
in Siberia-Russia: relazionarsi con la cultura russa
La sfera
psicologica
Le abitudini russe nelle relazioni interpersonali sono abbastanza
diverse da ciò a cui siamo abituati. Esiste e si percepisce una generale
maggiore “freddezza”, un distacco nelle relazioni tra persone, almeno al primo
approccio o nel caso in cui non si sia in un gruppo di amici già affiatato.
Esempio tipico: si entra in un negozio, piccolo, con cassiera-proprietaria o,
se un po’ più grande, con alcune persone dietro ai vari banconi, in apparente
attesa di clienti. Nessuno saluta o, se lo fa, pronuncia a denti stretti
qualche sillaba a bassa voce, spesso senza nemmeno alzare gli occhi verso la
persona appena entrata. Indicare ciò di cui si ha bisogno ad una commessa o
depositare per il conto alla cassa la merce sembra sia uno strazio per chi
lavora in negozio...nessun entusiasmo, nessuna “voglia” di soddisfare il
cliente, che anzi cerca di fare il più in fretta possibile, per uscire e
“levare il disturbo”. Le cose stanno cambiando e questa tipica scenetta di
10-15 anni orsono non è più onnipresente, soprattutto nelle grandi città, ma
non è certo scomparsa e, rispetto a quanto avviene in Italia, è parecchio
frequente.
Le persone quando si incontrano al
lavoro, per strada, in negozio, tendono a non esibirsi in lunghe chiacchierate
di cortesia, non si sorridono a vicenda “come idioti” (così agli occhi di un
russo appare l’abitudine occidentale, ma in questo caso più che altro americana
forse, di sorridere sempre e di salutare tutti). Esempio tipico sul lavoro: si
arriva al mattino e si saluta tutti i colleghi, più o meno velocemente, ma un
“ciao-buongiorno” lo si dice a tutti quelli che si vedono. In Russia no. Una
persona cammina per l’ufficio, incontra questo e quello e non saluta
obbligatoriamente, non per scortesia, ma perché scambiare solo un “ciao” e
dileguarsi nei propri compiti non è contemplato come vero saluto, ma sarebbe
solo una sorta di modo di dire “ti ho visto”. Qui (da “noi”) invece un saluto
mancato spesso è interpretato come indizio di una giornata storta del
non-salutante.”Perché Tizio non mi ha salutato?!” “C’avrà la luna storta, non
sorride nemmeno!”. In Russia chi non saluta o non sorride (“come un ebete”
direbbero i russi) al bar, al lavoro, al ristorante, non è arrabbiato con il
mondo o scortese, semplicemente pratica differenti abitudini.
Ecco un’altra questione, magari più
adatta da affrontare con chi vive in Russia e non tanto con chi viaggia ed è
solo di passaggio, ma parliamone: domandare “come stai?come va?”. Qui (Italia,
Europa) si usa spesso: “Ciao, come va?” “Bene grazie – e un sorriso”. In Russia
no. Chiedere “come va?” implica un vero interesse nei confronti della persona
con cui si parla, che quindi si deve conoscere bene e da cui ci si aspetta una
risposta sincera ed un piccolo discorso. Un russo rimarrebbe stupito e
storcerebbe il naso se una persona che si incontra raramente o addirittura un
nuovo conoscente gli rivolgesse una tale domanda. Per noi è un semplice
intercalare, non ci si aspetta niente di diverso da “tutto bene grazie” e via.
Mentalità del russo: “Chi è questo qui che mi chiede come sto senza neanche
conoscermi??”.
Altro piccolo esempio della dimensione della struttura mentale
russa, in cui può facilmente imbattersi un viaggiatore: si incontra qualcuno in
treno, in autobus e si fanno quattro chiacchiere, per alcune ore, magari si parla
anche per un giorno, se il percorso è lungo e, quando arriva il momento di
accomiatarsi, può capitare (non sempre però) che il russo al massimo digrigni
tra i denti un frettoloso arrivederci e se ne vada, oppure non dica nemmeno una
parola e sparisca. Non preoccupatevi, non avete fatto o detto nulla di male,
semplicemente può capitare, è nella loro indole.
Parecchie persone in
Russia vedono l’occidentale come una sorta di stupido, che non se la sa
sbrigare nelle varie situazioni della vita, perché abituato al
vivere comodo e opulento dell’Europa. È più facile dimostrare a queste persone
con i fatti che non tutti gli europei sono così, piuttosto che imbarcarsi in
diatribe dialettiche che non convinceranno mai un russo cocciuto. Dunque
conviene far vedere direttamente di cosa si è capaci, quando capita un
imprevisto, e non perdersi in chiacchiere. Certo, chi rientra in quella fetta
di bipedi europei davvero imbranati o smidollati, ha perso in partenza e verrà
visto come una conferma dello stereotipo dell’occidentale viziato e incapace.
Qui faccio una mia personale digressione: purtroppo è vero che nella nostra
società tante persone hanno perso il cervello o l’abitudine ad usarlo e, a
furia di tv e omologazione sociale, sono divenute dei” bio-robot” che riproducono
comportamenti già attesi dalla società (per riprendere la definizione di un
russo che conosco, che ha vissuto qualche anno a Parigi e poi è scappato in
patria disgustato – l’autore del libro che infra
pubblicizzo). Nella mia vita di tutti i giorni ho a che fare con persone ormai
incapaci di sopportare qualunque minima avversità/difficoltà/incertezza, anche
minime: quando una volta in trent’anni in Italia d’inverno si toccano i dieci
gradi sotto, ecco gente smarrita e tremolante: “non si può sopportare…il
riscaldamento tutto il giorno ci vuole…non vado al lavoro…ecc.ecc.”. Senza
contare gli imbranati che riempiono le strade innevate e, non sapendo guidare,
combinano solo guai salvo poi lamentarsi con le autorità per chissà quali
motivi. Se c’è da salire una rampa di scale (una!) si prende l’ascensore, non
esiste l’idea di “”fare fatica” (non per tutti, ma sicuramente per la maggior
parte è così). C’è persino chi si lamenta (tanti!) del vitto dell’ospedale in
cui lavoro, senza nemmeno pensare che al mondo sono tra la minoranza che ha
addirittura la possibilità di avere cibo e di avere accesso a cure sanitarie!!!
Blasfemi. Non parliamo dei viaggi in treno: non esiste, si usa l’aereo e deve
pure spicciarsi. Fare più di due-tre ore di treno è considerato una pazzia da
troppe persone, e lo dico per averlo sentito e visto personalmente, dato che di
treni ho una certa esperienza. Al lavoro si va in auto, a piedi o in bici non
ci va quasi nessuno, nemmeno se il luogo della fatica quotidiana si trova nella
stessa città. “E se piove?” “Che paura…ci si bagna!!!!” rispondo!!!
Anche la manualità nella vita quotidiana è scemata (riparare
rubinetti, cambiare lampadine, fare piccoli lavori in casa anche di muratura) e
un russo non troppo acculturato partirebbe già mentalmente convinto sulle
nostre non-capacità in tal senso. Il confronto tra le abitudini domestiche è
poi, a volte, anni luce distante: tante persone con cui parlo non riescono a
concepire di vivere in una casa senza acqua corrente né acqua calda, con il bagno
all’esterno, senza riscaldamento e con le pareti di legno. In Russia fuori
dalle città questa è la norma.
Ho scritto in maniera critica verso la “nostra” società non per
partito preso, ma per cercare effettivamente di far notare delle cose che
balzano agli occhi di chi, viaggiando, vede che esistono anche altri modi di
vivere. Secondo me parecchie persone della società occidentale devono
svegliarsi e cominciare a rinunciare volontariamente alle comodità superflue,
altrimenti, con lo stile di vita che portiamo avanti, tra pochissimi anni
saremo obbligati tutti a rinunciare a molto di più, poiché la natura ci sta già
facendo pagare il conto e la resa finale è alle porte. Andare avanti così
(auto, riscaldamento, uso energia elettrica smodato, consumo alimentare di
troppa carne, inquinamento e gas serra…) è insostenibile e porta al suicidio.
Per quanto riguarda il viaggiare
poi, un russo medio può adattarsi senza troppi sforzi e sopportare una miriade
di difficoltà. Il turista, non viaggiatore, medio europeo cerca albergo, acqua
calda, letto, ristorante o comunque un posto dove mangiare e soprattutto non
ama i luoghi avulsi dalla presenza umana. In Russia ho capito tante cose e sono
maturato molto nel campo del viaggiare “scientificamente”, come dice Anton Krotov. Bisogna
saper viaggiare e non far spostare il corpo per centinaia o migliaia di km
senza muoversi con la testa invece. La vita nella natura e il sapersela cavare
in OGNI situazione è un’attitudine abbastanza sviluppata in Russia, anche tra
la gente di città. Nei miei viaggi ho imparato a riconoscere e a capire come si
sviluppa una propensione del popolo russo a sopportare le difficoltà senza
piangersi addosso, cercando di superarle con le proprie forze. Senza
approfondire il discorso particolare della sopravvivenza nella taigà o comunque
in un ambiente naturale selvaggio/ostile, tutto questo si nota anche nel modo
di viaggiare dei viaggiatori indipendenti russi. La pratica dell’autostop,
molto diffusa in Russia (qui ognuno pensi come in Europa l’automobilista si
rapporta con chi fa autostop…e quanto sia frequente trovare autostoppisti) e le
diverse abilità “tattiche”, acquisite con l’esperienza, che plasmano il
carattere e la mente del viaggiatore indipendente, sono caratteristiche molto
diverse rispetto a quanto ci si può attendere da un backpacker europeo. Preciso che non sono in questo assolutamente da
prendere in considerazione quei russi che si vedono da noi al mare o a spendere
migliaia di euro nei luoghi più “alla moda”. Sto parlando del viaggiatore
indipendente russo, non del turista grasso e intasato di soldi.
Una mia critica al viaggiatore russo, soprattutto a quello che si
spinge nelle remote solitudini dell’immenso paese slavo, è rivolta alla loro
tendenza, a volte, a crogiolarsi nelle avversità, come se “sempre più
difficile” equivalesse anche a “sempre meglio”. Si può vivere nella foresta,
navigare fiumi, scalare montagne anche ad un ritmo più lento, magari con una
“comodità” in più (ad es. un vestiario più adeguato o una tenda più spaziosa) e
soprattutto con una mentalità diversa: non attenta solo a quelle che sono le
prove da affrontare, gli ostacoli da superare, ma anche alla bellezza dei
luoghi attraversati, al fascino di un tramonto, alla riflessione su questioni
metafisiche.
Ultima riflessione e mia provocazione: i russi (non me ne vogliano
gli ucraini se qui li accomuno ai russi per semplificare il discorso) hanno
combinato il disastro di Chernobyl e i russi, in qualche maniera, sono corsi ai
ripari e ne sono usciti (se così si può dire). Nella loro maniera un po’rozza
ma tendenzialmente efficace hanno costruito il sarcofago che impedisce al
materiale radioattivo di diffondersi ulteriormente nelle campagne. Gli uomini
che hanno costruito il sarcofago sono morti e probabilmente sapevano anche che
rischi correvano (non lo dico con certezza, lo suppongo). Questa è una di
quelle situazioni in cui in Russia bisogna fare qualcosa e, non importa come,
ma si fa, il risultato deve essere raggiunto. Una caratteristica del popolo
russo è quella di sapersi immolare in certe circostanze. E, per quanto concerne
Chernobyl, dobbiamo ringraziarli.
Collego questa vicenda nucleare ad un’altra più recente: quella
giapponese di Fukushima. Nella centrale costruita là dove non si sarebbe mai
dovuto costruire, dove nessun essere intelligente l’avrebbe mai
costruita...hanno mandato dei robot a fare delle misurazioni ecc.ecc.. ma degli
uomini a spegnere l’incendio, a quanto mi risulta, non sono andati. I
giapponesi non si sono immolati e sono rimasti a guardare le radiazioni che si
diffondevano (e che si diffondono) nell’oceano Pacifico. I giapponesi non si
sono sacrificati. Voglio riportare i commenti di un’anziana (72 anni) signora
russa, che ho conosciuto a Mosca ad una serata dell’Accademia dei viaggi indipendenti, sulla
vicenda di Fukushima. “Ma come si fa a costruire una centrale nucleare in riva
al mare, in una paese sismico e pure a rischio tsunami??! Come fa una persona
intelligente a pensare questo?”. Questa frase mi ha colpito in quel momento, mi
ha lasciato di stucco, perché nella sua semplicità è perfettamente essenziale e
coglie nel segno più di mille discorsi, in una parola è una frase saggia.
Eppure anche di fronte a tanta idiozia, i giapponesi si sono tirati indietro,
senza prendere le loro responsabilità.
Tutto quanto scritto in questo paragrafo è solo una minima
infarinatura, sarebbe necessario un intero libro per provare a descrivere
l’animo russo. Sui rapporti tra mondo occidentale e mondo russo suggerisco la
lettura dell’illuminante libro di Sergej Zubtsov “Kak zhit v zapadnoj Evrope”
(in russo, lo si può richiedere a me o si può trovare nella Casa per tutti europea
della russa Accademia dei
viaggi indipendenti, che sarà organizzata
in Europa nel 2014).
Gli aspetti
socio-culturali nella pratica
Approfondiamo ora nel concreto gli aspetti pratici, da considerare
nella vita di tutti i giorni quando si viaggia.
Aspetto
fisico, vestiario, atteggiamenti:
Non girate per la Siberia vestiti secondo qualche eccentrica moda
europea o simile (ad es. no dreadlocks, meglio no capelli lunghi per i maschi,
mentre le donne vedano di vestirsi come donne e non come maschiacci come spesso
fanno qui). Siamo alle solite: può non succedere nulla in 9 casi su 10, ma è
meglio cautelarsi e non attirare attenzioni non volute giusto? La xenofobia in
Russia, come ovunque nei paesi europei, è in aumento e bisogna considerare il
fatto che, in ogni caso, sempre uno straniero è individuato come tale, anche se
non dà nell’occhio, dunque meglio in ogni caso limitare la propria “esotica”
visibilità. Nessuna paura, gli incontri con i russi sono al 90% amichevoli, ma
in dieci anni di viaggi ho personalmente vissuto un certo numero di esperienze
non piacevoli e scrivo queste righe per “avvisare”.
Nelle stazioni, sui treni, sugli autobus, non parlate ad alta
voce, non fate “caciara”, non è un costume usato in Siberia/Russia. Parlate
sottovoce, non muovetevi freneticamente a fotografare, evitate comportamenti
che attirano l’attenzione. Nell’ambito del galateo locale, non vi è posto per
la nostra abitudine di soffiarci il naso: è considerato un brutto gesto,
volgare (come se da noi una persona a pranzo espellesse il catarro sputandolo in un piattino sul tavolo). Dovete soffiarvi il
naso? Andate in bagno e comunque evitate di farlo davanti a tutti e in modo
rumoroso.
Se entrate in una casa, appartamento, se siete ospiti di qualcuno,
ricordate di togliere le scarpe all’ingresso, non è assolutamente concepibile
girare per casa con le calzature che si usano per strada. Potete anche
camminare solo con le calze, non servono per forza delle ciabatte, ma con le
scarpe non potete!
Brindisi e
bevute: l’alcool!
Non si può tralasciare l’argomento rapporti con l’alcool. Spesso
capita di trovarsi di fronte a persone che offrono da bere ed è meglio sapere
alcune cose al riguardo, per non partire sprovveduti. La regola d’oro sarebbe
questa: non bevete con nessuno, non ubriacatevi ed evitate le situazioni ad
alta gradazione alcolica. Questo è suggerito direttamente dai russi, che però
vedono le cose a modo loro. Per la mia esperienza, come straniero riuscire a
scansare a priori ogni situazione simile, ogni bevuta, ogni offerta di liquidi
inebrianti…non è possibile. Non rifiutate di bere a priori, è molto offensivo
per un russo. Si può dire con fermezza che si intende bere un bicchiere proprio
per rispetto nei confronti di chi offre, ma non oltre…ma anche questa opzione
non è sempre praticabile. Nella maggioranza dei casi, quando si apre una
bottiglia di vodka, la stessa va finita, indipendentemente dal numero dei
partecipanti al “banchetto”. Quando si è in due, l’impresa di svuotare la
bottiglia da 40% inizia a farsi sentire. Dico che non si può sempre rifiutare
di bere, perché a volte mi è capitato che l’offerta di alcool venga fatta come
sorta di sfida: “vediamo lo straniero se ce la fa a bere, vediamo se è un uomo”
e opporsi all’invito può creare delle incomprensioni o peggio. Quindi sta al
sesto senso del singolo viaggiatore capire quando si può rifiutare e quando
invece è meglio sacrificare parte del proprio fegato per “fare amicizia” o per
non far peggiorare la situazione. Ci sono purtroppo dei casi limite, vissuti
anche da me direttamente, in cui rifiutare da bere è moolto difficile, ma bere
e soprattutto far continuare a bere chi ci sta di fronte è pericoloso e
sconsigliato. Come si fa allora? Bisogna barcamenarsi alla meglio e sperare...e
in queste situazioni è importante il contesto: presenza di altre persone, luogo
(treno, nave – qui è impossibile come alternativa andarsene! - mensa, bosco…),
orario. Dunque non bevete a casaccio con chiunque: se bere può servire come
estrema ratio per fare amicizia e conquistare un minimo di fiducia, bevete,
altrimenti può essere peggio. Come comportarvi ve lo dirà appunto un vostro
sesto senso da viaggiatore esperto, se non siete viaggiatori esperti evitate
per quanto possibile certe situazioni (ad es. in treno viaggiate in vagoni
kupè, dove è più tranquillo). Soprattutto nella Repubblica di Tuva e di Sakha
non bevete mai con la gente locale (tuvintsi e yakuti), perché diventano degli
animali violenti e non potrete mai capire fin dove osano spingersi. La sera, in
queste repubbliche, se non è necessario non uscite, ma questo è un mio
consiglio personale, non spaventatevi.
Quando si beve è importante, dato
che molto spesso si beve vodka,
ricordarsi di accompagnare ogni bicchierino con una tartina, un pezzo di pane e
cetriolo, un pezzo di lardo, insomma del cibo che serva a rallentare
l’assorbimento dell’alcool nello stomaco. Mangiate cibi grassi e unti, sono i
migliori per questo scopo. Ogni bicchierino versato è, quasi sacralmente,
sempre accompagnato da un brindisi per qualcuno o per qualcosa. È un’usanza
interessante e diffusa ovunque, non si beve praticamente mai senza dire per chi
o per cosa e ogni volta si alzano i bicchierini e si fanno scontrare tra loro
come nei classici brindisi. Ricordate che un russo può bere almeno tre volte di
più di un europeo meridionale e il doppio di un europeo settentrionale e non è
assolutamente pensabile misurarsi in assurde gare con loro.
Bere sui treni, nelle stazioni e per strada è vietato dalla legge.
La polizia non tollera la vista di persone che bevono e può essere molto rude.
Per strada mi hanno spiegato che non è vietato bere in maniera assoluta, ma non
si può bere da contenitori dai quali si capisca che si sta bevendo alcolici (se
si vuole bere una birra, basterebbe coprire la bottiglia con un sacchetto, così
non si fa vedere alla gente che si sta bevendo birra…questa è la teoria). Nelle
stazioni non bevete mai nulla (compresa birra) per nessuna ragione, la polizia
è lì appunto solo ad aspettare di pescare qualche rimbambito che beve davanti a
tutti. Nei pressi delle stazioni non bevete mai. Sul treno non si può bere
vodka, ma in teoria anche la birra non è ben vista, anche se tutti bevono e si
può comprare birra dal provodnik di ogni carrozza, se intende venderla, perché
a volte squadra la persona con cui ha a che fare e non le vende alcolici. Al
vagone ristorante si può bere vodka e anche comprare intere bottiglie.
Complicato vero? Insomma regolatevi in base alla realtà di ogni situazione.
Sapendo che, in teoria, non si può bere.
Città e
“campagna”
Meglio non andare in città sotto i centomila abitanti da soli,
senza conoscere gente del posto o senza essere in compagnia di altri russi.
Questo non vale per i posti turistici (ad es. Listvyanka sul Bajkal è un
piccolo paese – per ora… - ma essendo un luogo turistico, non presenta profili
di difficoltà come gli altri piccoli paesi). In una grande città posta lontano
dalla Russia europea si è comunque quasi sempre individuati come stranieri, in
un piccolo paese proprio non c’è verso di passare inosservati e le attenzioni
suscitate possono essere di varia natura. Rispetto per le persone del posto e
comportamento che non dà nell’occhio sono due caratteristiche fondamentali.
Alcuni elementi che subito identificano lo straniero (in questo caso
occidentale) e che spesso non sono visti di buon occhio, sono relativi ad
attributi esteriori individuati come tipici per il “turista scemo” dell’Europa
o americano: pantaloni corti per i maschi,
zaino in spalla (in Russia la maggior parte della gente si muove con borsoni, non con zaini), occhiali da vista, macchina
fotografica...ora li sapete, provate a camuffarvi un po’, giocando a nascondino
per quanto possibile...
Nei piccoli paesi e nelle zone più
lontane e dimenticate si deve stare attenti, ma senza diventare paranoici. Non
allontanatevi dalle grandi città senza sapere bene il russo e cercate di stare
con amici (amicizie già collaudate, non improvvisate per strada) russi o, ancor
meglio, russi del posto in cui siete. Le difficoltà maggiori in genere vengono
da incontri con alcolisti, teppisti (parlerò più avanti di questa categoria),
vagabondi disperati, ladruncoli, poliziotti e persone legate
all’amministrazione (guardie di parchi nazionali, funzionari di vari ministeri,
guardie di confine). Il rischio che la vostra faccia possa diventare bersaglio,
senza motivo (solo per il fatto che non siete di quel posto!), per i pugni di qualche svalvolato è comunque
inferiore alla possibilità di incontrare qualcuno di buon cuore che vi mostri
il paese e vi trovi una sistemazione, a patto che parliate russo, non diate
nell’occhio in maniera stravagante e non disturbiate la gente del posto.
Muoversi con una persona del posto in un paesino è, però, assolutamente
raccomandato. Da soli non andate in giro, evitate problemi. Comunque queste
eventualità potranno sorgere a partire dal terzo, quarto o quinto viaggio in
Siberia ed anzi deve essere così, non ha senso né è una possibilità reale
trovarsi in un paesello senza la giusta “esperienza sul campo”. In pratica non
ci arriverete nemmeno in certi posti se siete ai primi viaggi. Se invece avete
idea di farlo senza la giusta “preparazione”, ecco ve lo sconsiglio caldamente,
anche perché non capireste nulla di ciò che avete attorno (non dico per la
lingua, ma per tutto il contesto storico, sociale, economico ecc.) e
rovinereste, con i vostri errori, anche la reputazione dei viaggiatori che
verranno dopo di voi. Chi non ha viaggiato a fondo in Siberia non immagina
nemmeno che in certi paesini vive un mix di alcolisti, ex detenuti, pensionati,
piccoli criminali e gente normale che non ha alcun interesse ad aiutarvi o
magari vi aiuterà in maniera lodevole, ma chi può saperlo? Anche alcune guide
della russa
Accademia dei viaggi indipendenti
sconsigliano di visitare certi luoghi. Chi non
conosce a fondo le realtà delle singole regioni a volte apre una carta, la
guarda, traccia un itinerario di fantasia e dice “voglio andare qui!”, alla mia
domanda “perché proprio qui?” alcuni rispondono con colpevole ignoranza: “non
so, è un posto isolato, vediamo com’è la vita là”. Agghiacciante
superficialità. Se vi riconoscete in questa mia descrizione, evitate di
contattarmi o fatelo solo se avete capito di aver sbagliato e avete maturato
idee più intelligenti.
Ricordate anche che per un russo la
propria nazione, il proprio paesello, la propria regione è come un mistico
luogo da custodire e preservare, da mostrare con orgoglio e di cui essere
fieri. Le critiche, le lamentele, le peggiori affermazioni che un russo può
esprimere sulla nazione o sul luogo natio non vanno comunque prese come motivo
di ripudio delle proprie radici, che anzi non sono mai in discussione in
Russia. Ecco una grande differenza con l’Italia (che per me, come detto, non
esiste): i russi usano sempre il termine “i nostri”, per individuare i propri
connazionali rispetto agli stranieri, sia in patria che all’estero. “I nostri”
hanno vinto x ori alle Olimpiadi; ho visto per strada “i nostri” a Rimini; “i
nostri” non si fermano al secondo bicchiere e così via, con esempi positivi o
negativi non ha importanza, ma si usa sempre l’aggettivo “i nostri” per
individuare chi fa parte del popolo russo. Da “noi” in Italia non capita mai
questo, per ovvie ragioni storiche. Un napoletano se incontra due tizi di
Bergamo (e viceversa) a Parigi, dirà “ho incontrato i nostri”??? Oppure questa
è solo una mia opinione personale?! Fatemi sapere, scrivetemi i vostri
pensieri.
Quindi per quanto un russo parlerà
male dell’ubriacone che ha di fianco in treno, di uno che gira per strada con
aria strafottente, di un politico ladro, fate attenzione a non esagerare ad
esprimere commenti simili nei confronti di queste persone, né ad intraprendere
qualche azione troppo azzardata, perché la persona con cui avete a che fare è
sempre un russo e non potete mancargli di rispetto oltre un certo limite,
altrimenti cadrete voi dalla parte del torto, perché state trattando male un
russo davanti ad un altro russo, stimolandone i sentimenti nazionalisti.
Lingua
Studiate il russo. Fate un corso che vi permetta di parlare almeno
in modo basilare. Se siete svegli, come tempistica un anno scolastico dovrebbe
bastare, ma dovete studiare e fare gli esercizi che vi dicono tra una lezione e
l’altra, non aprire il libro solo a lezione. Non volete studiare il russo?
Allora come minimo imparate bene l’alfabeto, ci vuole una mezzora, così saprete
leggere almeno. La conoscenza del russo va di pari passo con ciò che riuscirete
a fare come viaggiatori indipendenti: meglio sapete la lingua e più riuscirete
a vedere/fare/scoprire in Siberia. Si può anche programmare di spendere alcuni
anni per approfondire la conoscenza della lingua, frequentando corsi
(serali/diurni, come volete) fino a perfezionare grammatica, sintassi e
possesso della lingua in questione. A Firenze l’associazione O.T.R.A. (di cui
fa parte solosiberia.it) organizza corsi di russo apposta per viaggiatori
indipendenti,ma, rispetto ad altri corsi, integra l’insegnamento della lingua
con seminari su cultura, storia e soprattutto pratica del viaggio in Russia e
in Siberia! www.otraweb.it
Sbirri –
registrazione del visto – zone di confine
Diffidate della sbirraglia e di ogni divisa, come in ogni parte
del mondo del resto. Alle frontiere, ad es. se si viaggia in auto o treno per
entrare/uscire dalla Russia, potrete essere a volte al centro di attenzioni
particolari delle divise, intenzionate a spillare soldi agli stranieri. Restate
calmi e, se sapete di essere in regola, non avete da temere. Non subite
supinamente e non date soldi a questi individui, ma nemmeno mostratevi
sbruffoni e non provocate inutilmente, alla fine il coltello dalla parte del
manico è loro. Ricordate che in uscita/entrata da un paese all’altro in treno
(es.confine Europa-Ucraina e poi Ucraina-Russia) ci sono 2 coppie di controlli:
prima controllo di polizia in uscita e controllo doganale in uscita, poi
controllo di polizia in entrata e doganale in entrata. Materialmente passano
quindi i poliziotti dello stato da cui uscite, poi i finanzieri dello stesso
stato e poi entrambe queste figure per lo stato in cui entrate. Se viaggiate in
aereo tutti questi controlli esistono, ma sono molto più “morbidi”. Ricordatevi
che in Russia, dunque anche in Siberia, dovete registrare il visto per ogni
città che visitate e per farlo avete 7 giorni lavorativi di tempo. La
registrazione si fa direttamente in hotel, se l’albergo è di grado medio-alto;
oppure presso il servizio immigrazione della polizia se non avete un hotel o se
è un hotel che non fa questo servizio. La registrazione per legge è
obbligatoria e non averla significa una multa ad un
controllo di polizia. Quindi se capita che non avete una registrazione per
tutti i giorni in cui siete stati in giro per la Russia, siete potenzialmente a
rischio multa, dunque cercate di evitare la polizia. Conservate tutti i
biglietti di treni-aerei-battelli ecc. che dimostrano che durante alcune notti
eravate in viaggio, possono chiederli sia i poliziotti, sia spesso gli stessi
hotel prima di accettarvi. Se non avete tutte le registrazioni o tutti i
biglietti che provano dove eravate ogni notte, gli hotel possono rifiutarvi, a
maggior ragione nei posti più lontani dalla Russia europea. Per accogliere gli
stranieri in albergo esiste una procedura differente rispetto a un cittadino
russo e se gli impiegati devono anche muoversi dalla reception per andare a
farvi la registrazione, bè…è possibile che rifiutino di accogliervi e inizino a
mettervi i bastoni tra le ruote per farvi andare via, così da evitare problemi
e ulteriori incombenze (e continuare a sonnecchiare tranquilli al banco della
reception). Mettersi a gridare, fare confusione e strepitare non vi serve, sarà
utile solo per stigmatizzare ulteriormente la figura dello straniero borioso e
stupido e ricadrà negativamente sui prossimi stranieri che passeranno in quel
posto. Quindi se volete convincere un impiegato ad accogliervi, parlate in modo
tranquillo (in russo, ecco perché vi serve saper parlare!), spiegategli la
situazione e non andate fuori di testa. Nei miei viaggi spesso non ho la
registrazione, non perché mi diverto a non averla, ma perché per vari motivi
sono impossibilitato ad ottenerla, ma non ne faccio un dramma e, cercando di
mascherarmi il più possibile tra i russi (cosa molto difficile e che comunque
richiede anni di esperienza). Per prima cosa cerco di evitare controlli e, nel
caso un poliziotto mi fermi, molto spesso non si interessa della registrazione,
ma guarda il visto e fa qualche domanda generica…e rispondendo bene in russo,
il discorso può anche virare in una simpatica conversazione e lasciare tutti
contenti, ma senza sapere il russo qualunque vostra risposta non verrà compresa
e non lascerà soddisfatto lo sbirro, che potrebbe decidere di andare un po’ più
a fondo, o magari no, dipende dalla fortuna.
La normativa sulle registrazioni cambia spesso ed è volutamente
nebulosa e contraddittoria, con zone grigie lasciate all’interpretazione
sbirresca. Sappiatevi regolare alla meglio e benvenuti in Russia!
In uscita alla frontiera nessuno vi chiederà nulla sulle
registrazioni e quindi in ogni caso uscirete tranquilli.
In tutto il
territorio della Russia esistono le cosiddette “pogranzony”, cioè le zone di
confine a regime speciale, il cui accesso è regolato da precise e specifiche
regole. Per accedervi è necessario un permesso speciale oltre al visto ed i
controlli sono seri e le conseguenze anche, e spaziano da una multa all’arresto
e alla detenzione pre-espulsione, fino all’inserimento in una lista nera di
persone a cui non sarà mai più concesso il visto russo. Qui c’è poco da
scherzare. Spesso i controlli non ci sono nel punto di ingresso della zona di
confine, ma ci sono nel punto di uscita (città, strada, aeroporto, stazione
fluviale, ecc.). Le zone di confine in Siberia occupano territori vastissimi,
ma che un vaggiatore indipendente difficilmente raggiunge nei suoi primi
viaggi. Indicativamente si può dire che tutta la costa artica della Russia è
zona di confine, partendo dalla penisola yamal e dalla regione autonoma
yamalo-nenetskij (Salekhard, Nadym, Novyj Urengoj) per giungere alla Chukotka
(che è interamente zona di confine). Dunque è compresa tutta la Yakutia settentrionale, il Tajmyr (Dudinka e Norilsk comprese, incluso il plato
Putorana), le zone artiche tra regione di Tyumen-Yugra e il fiume Yenisej. A
sud alcune zone di confine tra Kazakistan e Russia, e tra Mongolia e Russia.
Alcuni punti meridionali della costa di Sakhalin e tutte le isole Kurili. Non
intendo fornire qui un elenco esaustivo, è meglio informarsi di volta in volta
e per ogni regione. Il permesso speciale si ottiene presso l’ufficio dell’FSB
del capoluogo della regione interessata. Per gli stranieri c’è da aspettare
circa 3 mesi per ottenere la risposta.
Gopnik
In Russia e nelle zone più isolate ancor di più (quindi a maggior
ragione per la Siberia), il viaggiatore indipendente deve considerare la
presenza di quelli che in russo sono definiti “gopniki”. Sono dei ragazzi di
bassa estrazione sociale, che a gruppetti o anche da soli si possono incontrare
ovunque, nelle città, sui treni, per strada, e sicuramente nei piccoli paesi.
Chi sono, cosa rappresentano, meglio evitarli o no? Come comportarsi?
Quello che sto per dire rappresenta chiaramente la mia opinione personale,
oggettivizzata però da 10 anni di viaggi indipendenti in Siberia in ogni dove,
dalla conoscenza e amicizia che mi lega a molti russi di ogni estrazione
sociale, dalla buona conoscenza della lingua russa che mi permette di parlare
con chiunque senza filtri, dalle decine di libri russi letti riguardanti il
tema del viaggio e dall'esperienze accumulate con la gente dell'AVP (Accademia
dei viaggi indipendenti) che in Russia è un importante punto di riferimento
nel campo dei viaggi e anche per quanto attiene all’approfondimento di argomenti
socio-politico-religiosi.
Iniziamo: assolutamente eliminiamo ogni identità politica da questo termine. i
gopniki non hanno nessun riferimento/connotazione politica. Possiamo dire che
sono quelle persone (ma non solo i giovanissimi teenager o giù di li), al 90% e
più maschi, che costituiscono in Russia un sottobosco sociale indefinito in cui
si coagulano gli individui che "non hanno di meglio da fare", non
lavorano (ma non è una caratteristica essenziale del gopnik), vivono in una
parte della società legata a concezioni nazionaliste e tradizionaliste, ma non
nel senso politico, più in un senso "locale"(poi spiegherò meglio) e
che certamente non ha un ampio bagaglio culturale e non dispone di orizzonti
mentali vasti. Come si vede, la categoria è alquanto fluida. i gopniki possono
trovarsi in città come in campagna, ma è nelle zone rurali, isolate e più
lontane dalle città o dalle direttrici di traffico che si può incontrare di più
questa presenza locale. Nei piccoli paesi la questione può essere seria, questi
ragazzi, uno, tre, dieci, ma che non necessariamente girano in gruppo, possono
"fare ciò che gli pare" nel proprio paese senza che nessuno pensi
troppo a tenerli a bada. La sbirraglia ha cose magari più importanti a cui
prestare attenzione (o magari non ha voglia di fare nulla, finchè ci scappa il
morto, e succede, non è fantasia). la gente comune, pur non considerandoli un
buon esempio, a volte può sorridere davanti ad ogni tipo di bravata, come se si
trattasse di prove di forza tra uomini (un mio amico di 50 anni dice: "Da
me c'è stato un ragazzo brasiliano per 1 mese, una roba di scambio di studio o
simile. Non mangiava nulla di russo e non parlava la nostra lingua. Stava
sempre al pc tutto il tempo a casa e non usciva per il freddo. ‘sto invertebrato
poi ha trovato un fast food - la città è quasi di 1 milione di abitanti - e
andava spesso là a mangiare porcherie, per alcuni giorni di fila, finchè
qualche gopnik russo non l'ha notato e l'ha preso a pugni in faccia. È tornato
a casa con il muso sanguinante quel deficiente eh eh!"). Da questa
storiella si capisce come spesso vengono viste queste vicende dalla gente. Nei paesi piccoli (sotto i 50.000 abitanti, e
a maggior ragione per villaggi & company) la questione non va
sottovalutata, perchè basta una volta che succeda una cosa seria e che si fa?
Indietro non si torna. Questi ragazzi spesso sono in conflitto con chiunque
venga da fuori, inteso anche come abitante del paese vicino, figuriamoci uno
straniero, che poi in genere non parla russo, non si comporta come un russo nè
cerca di farlo e, purtroppo, cerca di vivere un po' come a casa sua senza
rispettare i costumi del luogo (si soffia il naso in pubblico, non mangia nè si
veste come i russi, parla ad alta voce ad es. in treno e tante altre cose) (a
questo proposito non capirò mai bene chi va in Russia o comunque all'estero e
beve coca-cola, cerca la pasta, la pizza, qualcosa di simile a ciò che fa e
mangia a casa). Queste cose vengono notate. Personalmente ovunque vado mi
adatto a qualunque situazione mi si pari innanzi (quando saranno online,
vedrete le foto dell'acqua marrone che ho bevuto per dieci giorni quest'estate
2012. Non per vanto o perchè son andato a cercarmela, ma c'era quello, e quello
sia). Sul mio sito nei miei appunti si può leggere alcuni episodi capitatimi
con dei ragazzi più o meno “gopniki”, ad es. appunti 2009-2010 dal capitoletto
"sverdlovsk" in poi oppure verso la fine da “daniele vivacizza il
viaggio”, o ancora appunti 2007 "lame" e "bam". In Yakutia
ci sono i "sakhaliari", giovani che vivono nei villaggi attorno alle
città e che arrivano in città al fine settimana per bere e altro. Ecco, anche
la popolazione locale sa che è meglio stare alla larga da queste persone in
Yakutia.
Non mi sta bene che dall'argomento di un viaggio siamo finiti a parlare di
questo come si fa in televisione, cioè tra 99 cose belle, si parla di una
brutta....
però mi premeva puntualizzare, perchè anche questo fa parte del viaggio,
soprattutto in certi posti del pianeta. Non sono parole mie, ma di un russo
espertissimo viaggiatore: in tantissimi paesi del mondo quando si viaggia (come
locali o come stranieri) non si trova spesso ostilità, ma in Russia e diciamo
nell'area ex-Urss è diverso. La gente è più dura, c'è più tensione e si avverte
a volte che può succedere qualcosa.
Per la categoria “gopnik” vedo personalmente bene definire queste
persone in una parola come: "disadattato" o "teppista"
oppure con più parole: "disadattato/teppista socialmente nocivo"
oppure "disadattato xenofobo e tendente al crimine". La dedizione
all’alcool e a qualche tipo di droga è compresa nel bagaglio di questi
personaggi. Comunque sia, le parole che ho
sopra elencato devono essere considerate scevre da ogni connotazione politica.
Disadattato è un buon termine onnicomprensivo e copre tutti i casi, sia di
quelli che sono al confine tra “bomzh” (senza fissa dimora) e “gopnik”, oppure
rende anche l'idea di quelli che semplicemente negli anni dell'adolescenza si
fanno trascinare da qualche cattiva compagnia e poi finiscono lì di importunare
gli altri, oppure quei veri paria sociali che rientrano nella categoria dei
"vinti" di Verga e che scaricano la loro rabbia per il tipo di vita
che fanno su chiunque capiti; poi disadattato va bene anche per la categoria
“gopnik” dei culturalmente limitati, che vedono come una minaccia da eliminare
ogni essere differente dalla loro cultura genericamente russa o dalla loro
sub-cultura locale (es. i sakhaliari descritti da Jeffrey Tayler nel libro
"River of no reprieve" che parla di un viaggio lungo la Lena).
A me poi piacerebbe denifirli, utilizzando un linguaggio un po' più complesso
per riferimenti "letterari", come:"bravi senza padrone nè
onore".
5) Il proprio
carattere e le attitudini socio-politiche
Non possiamo prescindere da come siamo interiormente formati e di
questo va tenuto conto durante un viaggio indipendente. Per assorbire
l’identità dei luoghi, delle persone e della cultura incontrati, l’ideale
sarebbe avere un carattere disponibile, aperto, influenzabile e “spugnoso” nei
confronti delle sollecitazioni esterne. La disponibilità e la possibilità di
capire altre usanze, altre mentalità, altre “anime” del mondo dipende proprio
da come è stato forato il nostro carattere, che si riflette sulla nostra
personalità, che poi è la dimensione concreta con cui ci relazioniamo con
l’esterno. Quante volte ci siamo accorti di come due persone, viaggiando negli
stessi luoghi, “vedano” in maniera diversa ciò che gli sta attorno. Sono due
modi diversi di interpretare la realtà circostante, due modi di scambio tra la
realtà che ci circonda e la nostra interfaccia interna, che filtra le
informazioni prima di farle passare al vaglio e al giudizio della coscienza. In
una palude infestata di zanzare Tizio esclama: “È orribile, non sopporto questa
terra, non vedo l’ora che finisca tutto questo!”; nella stessa situazione Caio
gongola: ”Questa è una vera sfida! Così avanzavano i Cosacchi nella conquista
della Siberia! Anche così si dimostra di essere uomini veri!”. Il carattere si
forma nell’infanzia ed in età giovanile, qualche angolo poi si potrà smussare,
ma l’impianto di base rimarrà immodificabile, quindi nei viaggi bisogna
considerare questa propria caratteristica intrinseca così com’è e non
pretendere di modellare sé stessi attorno al viaggio da fare, ma piuttosto
capire se il viaggio che si va ad affrontare sia quello giusto per il proprio
carattere.
Oltre alla dimensione caratteriale,
non vanno trascurate le attitudini sociali e politiche in senso lato.
Coerentemente alla propria provenienza e formazione socio-culturale ognuno
porta con sé un bagaglio con cui si rapporta con chi incontra e con le varie
situazioni da affrontare. Qui ad esempio emerge il discorso del relativismo
culturale, dell’imprinting inculcato in ognuno di noi dalla società “madre” e
poi modificato dalle proprie convinzioni, attitudini, esperienze e dalla
formazione culturale personale individuale. Da queste basi si possono
comprendere i raffronti tra “noi” e i vari “loro” che si incontrano in un
viaggio. Meno è presente il “noi” come punto di riferimento e metro di giudizio
nel relazionarsi con gli altri e più è possibile approfondire ed interiorizzare
valori diversi da quelli con cui siamo cresciuti. Le attitudini politiche
possono dividersi in profonde e superficiali: le prime sono, a mio giudizio,
quelle più vere, legate alle idee di fondo sulla visione della società, quelle
che presuppongono un’analisi valida ed intima della collettività umana
(politica intesa nel senso che è attribuito a questo termine nell’antica
Grecia). Le attitudini politiche superficiali rappresentano invece le
convinzioni attuali di una persona, il riconoscersi in certi movimenti,
partiti, dominati da interessi particolari e senza una visione globale
dell’esperienza umana: queste ultime possono rappresentare un ostacolo
all’apertura mentale per intraprendere un viaggio e rischiano di essere una
barriera all’apprendimento spontaneo da altri gruppi di persone.
6) La
disponibilità a decolonizzare il proprio immaginario e aprirsi ad altri valori
e tradizioni
Questo punto è correlato a quelli precedenti, ma l’ho volutamente
lasciato a sé, per specificarlo meglio. Cosa significa “decolonizzare il
proprio immaginario”? Mi pare sia un’espressione creata da Z. Bauman in uno dei
suoi saggi sociologici, ma non ne sono sicuro. Decolonizzare il proprio
immaginario significa essere pronti e preparati a compiere un’operazione che
investe in maniera totale tutti quelli che sono i nostri punti di riferimento
ideologici, i nostri valori, le nostre posizioni sociali e politiche in senso
lato; mettere in discussione/azzerare tutto per liberare la mente ed essere
pronti ad approcciarsi in maniera veramente libera non solo ad un’altra
cultura, ma anche ad altri valori probabilmente diversi dai nostri. La nostra
mente, liberata da quelli che possono essere falsi miti o visioni scorrette,
inculcate dall’esterno in maniera subdola (pubblicità, condizionamenti sociali
e religiosi), con un grande sforzo crea una tabula rasa su cui gettare le basi
per un possibile (non obbligatorio) rimescolamento delle carte che culmina con
una ricostruzione della struttura dei valori di riferimento. Questo processo
non “serve” per viaggiare, o meglio non è solo legato alla tematica del
viaggio, si può decolonizzare il proprio immaginario anche solo per vedere la
realtà delle cose nella maniera più giusta possibile (cioè senza
condizionamenti) senza muoversi da casa. Rimane il fatto che chi è in grado di
decolonizzare il suo immaginario è anche meglio predisposto a lanciarsi in
maniera “pura” verso un mondo nuovo, come può essere la realtà incontrata in un
viaggio attraverso culture “altre” rispetto a quella di provenienza. L’ideale,
nella mia visione, sarebbe una pura e genuina commistione dei valori intrinseci
e primordiali dell’umanità con quei valori cresciuti e maturati con l’evolvere
delle diverse culture e che, per molte ragioni (barriere linguistiche,
ideologiche, geografiche, storiche), non arrivano alla disponibilità di ogni
individuo durante la vita. La sfida è quella di scovare il meglio in ogni
società umana e cercare di amalgamare questo tesoro di saggezza per inserirlo
nel contesto della nostra coscienza, preventivamente liberata dalle impurità
dannose. Anche i libri di Hakim Bey (T.A.Z.; Le repubbliche dei pirati;
Millennium) permettono di giocare con la propria psiche per capire cosa
significhi liberarsi dalle impurità e decolonizzare il proprio immaginario.
Siamo alla fine! Al termine di queste mie elucubrazioni mentali,
scaturite sia da miei input interni, sia dalle sollecitazioni di chi mi scrive
tramite questo sito. Prima di partire per la Siberia, chiediamoci: quanto è
importante per me questo viaggio? Cosa sono disposto a fare per raggiungere le
mete e gli obiettivi che mi sono prefissato? Ho esagerato rispetto a quelle che
sono le mie capacità/potenzialità? Ho la situazione sotto controllo, per quanto
possibile?
Dalle risposte che
ci diamo dipende parte della riuscita del viaggio e, soprattutto, il ricordo e
le sensazioni che ci porteremo dietro per sempre al ritorno. Sono disposto ad
arrangiarmi in un mercato per la strada, per comprare da mangiare senza capire
una parola? In treno mi vanno bene il rumore, qualunque tipo di compagni che
troverò sul vagone, le decine e decine di ore di viaggio su un materasso che
presto si infossa? Sono consapevole delle difficoltà che incontrerò nella
natura (per chi preferisce la foresta alla città )? Ecc.ecc.
Le risposte variano in base a quanto riteniamo importante il
viaggio che stiamo per fare. Allo stesso modo varia la nostra propensione
all’adattamento alle situazioni che si andranno ad incontrare: chi reputa il
viaggio molto importante, sopporterà eventuali disagi molto meglio di chi ha
solo scelto una meta per l’estate, magari facendo rotolare un mappamondo e
scegliendo a caso il luogo delle “vacanze”.
Ricordo che superare le proprie paure, districarsi in situazioni
nuove o impreviste (senza esagerare!), sapersela cavare da soli e risolvere
problemi, mettersi alla prova (poco per volta e senza esagerare! Repetita
iuvant!), sono le condizioni di base per creare un bagaglio personale di
esperienza, da utilizzare in ogni contesto della vita. Il viaggio può aiutare
proprio in questo, nel “costruire” e nel migliorare la nostra personalità e le
nostre capacità di relazione con gli altri.
Il punto numero 7 vuole dunque essere un monito ed un’esortazione,
affinchè si consideri tutto quanto esposto negli altri punti e si prenda una
decisione riguardo a come modulare il proprio viaggio in Siberia rispetto alle
proprie caratteristiche.
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